Oggi sono lieta di presentarvi Salvatore Azzarello, giovane poeta che ho conosciuto grazie alla sua raccolta di poesie Le cose che esistono, edito Round Midnight
S:Ciao, grazie della bella possibilità offertami con questa intervista
Com’ è nata la tua passione per la poesia, considerando la tua giovane età, non è da tutti.
S: La passione per la poesia nasce negli anni universitari. Poi alcune vicende occorse mi hanno permesso di credere in quello che facevo, e così ho cominciato a pensarci seriamente, a concepire le diverse poesie sparse come in un rapporto, cioè all’interno di una raccolta
Sei stato semifinalista dell’edizione 2016 del Premio Rimini, manifestazione che premia i giovani talenti nell’ambito della poesia, raccontaci le tue emozioni
S: Il Premio Rimini è innanzitutto, al di là della competizione in sé, un modo per essere presente a una manifestazione estiva (Parco Poesia) in cui poter stare a contatto con le maggiori voci del panorama nazionale e con alcune personalità interessanti tra i giovanissimi come me. Ancor più dell’edizione 2016 credo che abbia contato per me la 2015, quando partecipai non come concorrente al Premio Rimini ma come ospite dell’evento “Lettere a un giovane poeta” dove poeti contemporanei affermati presentano al pubblico poeti giovani: in quell’occasione fui introdotto da Davide Rondoni, che aveva letto qualcosa di mio a qualche evento palermitano rimanendone colpito. Quando parlavo di “vicende occorse ” parlavo innanzitutto di questo episodio. Senza dimenticare che in quella circostanza ho conosciuto il giovane poeta Andrea Donaera, che mi ha fatto da tramite con l’editore della ‘Round Midnight, di cui gestisce la collana Billie nella quale rientra la mia raccolta d’esordio.
Le cose che esistono sono un tributo alla tua terra, la Sicilia, quando hai dovuto lasciarla per andare a studiare all’estero, ti dirò che è stata una grande emozione leggere le poesie perché un po’ mi ci rivedo…
S: Credo che sia un sentimento molto comune. Quello che ho cercato di fare è stato dire la mia vicenda ma in un modo tale che fosse anche la vicenda di tutti. Credo che è di questo che dovrebbe occuparsi, in generale, la poesia.
“Ma intanto Palermo bruciava di sole, Palermo la madre che uccide Palermo, lasciami andare…”
S: sono versi della poesia d’apertura, la composi quasi interamente in attesa di prendere uno dei primi (non il primo di tutti) aerei che mi conducevano al nord. Ricordo che era appena trascorso natale e che nonostante ciò faceva un caldo innaturale. Lì all’aeroporto di Palermo c’è una disgraziatissima terrazza vicino gli imbarchi, dà sul mare, prima di entrare fumi una sigaretta lì e… sembra fatta apposta per commuoverti un po’ prima di partire.
La tua terra vista con pregi e difetti, ma soprattutto un grande afflato verso le cose che ti mancheranno della tua amata terra:
“Le cose che esistono sono una scelta. Intanto
io ho perso il nome del vecchio
che si lamentava al piano di sopra
– un frammento, dirai –
Ma ora ho paura di perdere il tuo.”
S: Sì: “Palermo morta come un amore / di bombe e di spam / me se la apponi una teca la rompe / la luce che fa”. La poesia che citi poi è fondamentale. C’è una dichiarazione iniziale (“Le cose che esistono sono la croce / (le spalle cadenti, le gambe straziate) / di un mondo perduto”) che vuole affermare la centralità delle “cose che esistono” rispetto a quelle che non ci sono più, un senso di giustizia, di giusta necessità del valorizzare l’esistente senza concedersi all’amore morboso verso i resti. Eppure subito dopo, nei versi da te citati, torno a rimuginare proprio sopra i resti stessi. L’intera raccolta ruota su questo polo di attrazione e repulsione verso i frammenti del passato, valorizzazione del presente contro rifugio memoriale (quindi paura della scurdanza, come Nibali ha scritto bene in prefazione al libro).
…parliamo un po’ di te: quali sono gli scrittori e i poeti che in qualche modo ti hanno influenzato, di certo nel cuore di uno scrittore ce n’è sempre uno…
S: Questo ultimo anno ho letto avidamente, per ragioni di ricerca di tesi, Attilio Bertolucci, che pure prima era tra i miei preferiti. Lui era uno che aveva ben chiara la natura mortuaria della poesia della memoria (“Se tu fossi morta / potrei ricordare quel giorno d’estate…”) e al contempo l’impegno etico che sottintende questa, quasi destinato a una salvezza collettiva (“soltanto ci sia dato, in un tempo incerto / di trapasso, di ricordare, ricordare / per noi e per tutti…”). Penso però che la voce principale udibile aprendo il libro sia quella di Caproni, dalle note della sua Litania che si possono scorgere in “Palermo sporca come il bancone…” alla centralità dell’elemento marino, fino all’uso della rima semplice. Una lettura fondamentale per me è stata, tra la fine del liceo e l’inizio dell’università, quella per intero dell’opera narrativa di Pavese. Credo che la sua sia la più lucida capacità di fare i conti col proprio passato che il secolo letterario trascorso ci abbia dato in dono. E poi è indispensabile leggere il meglio dei poeti viventi: Rondoni, De Angelis, Riccardi, Pusterla…
Salvatore è difficile oggi pubblicare poesie, o per meglio dire arrivare al cuore dei lettori?
S: Dipende da cosa intendiamo con “pubblicare”. Oggi ci sono tante piccole realtà (come quella che io ho incontrato) molto belle che sono disposte a credere in chiunque mostri un po’ di validità. Arrivare al cuore dei lettori è un’attività credo immutabile, come immutabile è il cuore umano. Forse è più difficile rispetto a “ieri” che il suddetto lettore solamente ci provi, cioè che sia disposto anche solo ad aprire una raccolta di poesie… ma nel momento in cui la apre nulla è mutato rispetto ad altri periodi storici.
La poesia, con mio grande dispiacere, non è così fruibile come la prosa, secondo te perché?
S: Perché siamo dei grandi fruitori di storie. È difficile convincere la gente che una storia sta dentro anche alle raccolte di poesia, almeno in quelle valide. Nella “prosa” rintracciare un intreccio, una trama che ci prenda, è cosa più immediata.
Per conoscerti meglio…oltre alla poesia ti dedichi anche alla narrativa?
S: Ci ho provato, non credo con grandi risultati, misurandomi in dei racconti. Ma anche lì il ritmo e la parola si piegavano in direzione della poesia.
Salvatore, cos’è per te la poesia?
S: “Un lavoro di pazienza e di vergogna”, se posso auto-citarmi. Il miglior modo di fare i conti con te stesso ma soprattutto con tutto ciò che non sei tu. Il titolo Le cose che esistono vuole significare anche la natura di “non-io” delle cose stesse, e del dovere che abbiamo di riconoscerle nel loro essere “non-io”.
Per stuzzicarti… secondo te il mondo dell’editoria è stato in qualche modo inflazionato dalla pubblicazione in self?
S: Immagino che in alcuni, rari casi sia l’unica forma possibile verso un mercato editoriale che non comprende cos’ha tra le mani. Immagino anche che nella maggior parte dei casi si tratti di prodotti di cattiva qualità: di breve e limitata circolazione, quindi innocui, verso di essi basta un dignitoso silenzio.
Cosa c’è nel futuro di Salvatore Azzarello? Poesia o hai dei progetti diversi?
S: Nel mio futuro spero ci sia la ricerca, sia accademica che scrittoria. Non concepisco le due attività come antitetiche ma credo anzi che si aiutino a vicenda. Conto però di pubblicare solo in circostanze simili a quella da cui è venuto fuori Le cose che esistono, cioè quando ne sentirò di nuovo un estremo bisogno.
Grazie mille Salvatore per questa meravigliosa chiacchierata ti auguro in bocca al lupo per il tuo lavoro!
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