Black Jack di Peter Water-Recensione

Titolo: Black Jack

Autore: Peter Water

Editore: Mincione Edizioni

Data di pubblicazione: ottobre 2017

Pagine: 200

 

Dopo aver letto la prima riga di questo romanzo, mi è parso di trovarmi davanti a un Hard Boiled degli anni cinquanta di Mickey Spillane, lo stile lo ricorda (ci sono però molti rimandi ricercati e giochi di parole che non sono certo di Spillane, ma danno l’idea di un autore molto raffinato) anche se manca la scrittura in prima persona, ma poi leggendo mi sono reso conto che Black Jack è collocato in una realtà parallela (La Polizia è diventata l’Ordine), un mondo che assomiglia molto al nostro, ma forse non lo è o magari lo è, tra qualche anno, perché – sempre leggendo – ho avuto la sensazione di trovarmi davanti a una storia ambientata nel futuro…

 

Andando avanti con la lettura, BJ mi ha ricordato molto quei romanzi gialli (C’erano poi branchi di tascabili, tutta roba leggera, letteratura d’evasione, storie paurose o pruriginose. Erano libri dai colori sgargianti, rosa, neri, gialli, con la loro carta scadente e la rilegatura in colla che con gli anni si lasciava andare. Op. cit. Water…) che uscivano nelle edicole negli anni Settanta ed erano firmati da autori sconosciuti dei quali non ci sarebbe mai rimasto impresso il nome, ma che era bello leggere proprio perché erano scritti non con l’ansia di scrivere un grande libro o un capolavoro, ma per essere letti in un pomeriggio, senza pretese se non quella di passare bene quel tempo dell’adolescenza che sembrava non finire mai perché era attesa del futuro; ricordo che a volte questi romanzi che non riportavano il nome dell’autore o della casa editrice, perché contava più la storia che tutto il resto, forse perché erano tempi in cui i lettori erano ghiotti di storie così, storie basse, truculente di omicidi di fanciulle più o meno innocenti o insospettabili professionisti con un vizietto nascosto, investigatori reietti che investigavano dando l’idea di non trovare la soluzione e qua e là qualche citazione dotta o geniale o roboante ma che ci sta tutta e che sorprendeva e rimaneva impressa come questa: 

 

D’altronde che spavento può fare la morte a un artista quando ogni giorno gli si prospetta davanti la morte artistica…

Op. Cit. Water ”; 

 

“Fanno presto i filosofi a dire che l’uomo è un fine e non un mezzo, quando la realtà del mondo dice tutto il contrario: per il politico l’elettore è un mezzo per conquistare il Potere; per la soubrette il produttore è un mezzo, al pari di culo e tette, per conquistare la fama; per l’imbonitore il consumatore è un mezzo imbecille da raggirare per fare la grana. Op. Cit. Water”. 

 

Insomma, ringrazio Black Jack e il suo autore Peter Water (credo sia lo pseudonimo di un autore italiano, perché non c’è il nome del traduttore e su internet non se ne trova traccia, anche questo è un omaggio amarcord a quei tempi?) per avermi fatto tornare nel passato, quando leggevo per il gusto di leggere e pensavo che il mondo fosse nelle pagine di un libro. Per concludere, diciamo che l’investigazione di Black Jack prosegue con un omicidio dopo l’altro, omicidi commessi con strumenti differenti uno dall’altro, che lasciano Jack come “un ragazzino che attacca figurine su un album Panini, i cadaveri al posto dei calciatori” e mi è venuto un dubbio, ho avuto l’impressione che l’autore, con il suo modo di scrivere, non ci voglia svelare la soluzione, perché ci vuole raccontare altre cose che qui non vi posso svelare…rendendo questo libro più di un semplice giallo. 

 

Federico T. De Nardi

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