Titolo: Arruina Una favola oscura
Autore: Francesco Iannone
Editore: Il Saggiatore
Pubblicazione: 2019
Recensione di Loredana Cilento
“Lo chiamano Roccagloriosa, si trova lì la fonte che congiunge le acque di Acquavena, che è il mondo di qua, alle acque immortali che fanno di quel mondo un prodigio, una magia. E le Nerissime hanno sempre sete, la loro eternità dipende dalle acque di quella sorgente. Hai capito?”
Francesco Iannone, al suo esordio con una favola nera dal sapore gotico, ma soprattutto ad alto contenuto simbolico, ci regala un’opera che attinge alla tradizione, ai miti, alle leggende della calda terra del sud. Arruina vuol dire rovina, e troveremo spesso termini che si rifanno alla lingua vernacolare dell’autore.
La nascita di una bambina, La Sperduta getta nel chaos le diaboliche Nerissime, che a fronte di una maledizione, arriveranno di notte per rapire la fonte della loro distruzione, La Sperduta non avrà più lacrime da versare.
Ma chi sono Le Neressime? Sono spettri che sbudellano i cadaveri e smembrano corpi a suon di lamenti, si narra fossero felici e poi…e poi rapiscono innocenti che minacciano la loro sopravvivenza, svuotando la sorgente dell’immortalità.
“Perché quella è acqua che aggiunge brividi alle angosce, è acqua che fa durare i corpi in eterno, non li fa perire mai mai, in bilico fra rigoglio e assillo, sguazzano dentro le fontane.”
Ad aiutare i genitore della piccola Sperduta, attraverso una terra dai colori medievali intrisa di mistero e di morti, c’è un manipolo di stravaganti e carnascialeschi astanti: il poeta antico che si sveglia per una sola ora al giorno, accudendo la Grande Madre con un cuore fatto di vermi.
E poi ci sono le Ianare che si trasformano in cinghiali che odiano le Nerissime, c’è un cavallo che forse è un contadino o viceversa, e il matto che pesca lische.
Una oscurità aleggia prepotente nel romanzo di Francesco Iannone, ma c’è soprattutto quel simbolismo metaforico e metafisico che troneggia impavido e ambizioso tra le pagine di Arruina.
L’elemento principe è senza ombra di dubbio l’acqua, fonte di vita: dall’acqua nasciamo, nell’acqua veniamo purificati, lavati da un peccato originale, la stessa acqua può essere, però, fonte di morte, le piogge, le alluvioni che devastano, straziano interi territori, come il ben citato evento di Sarno
“E ve li descriverei ad uno ad uno i centosessanta volti che avevano un nome. E storie e amori e vite abbaglianti. ”
E quei momenti terribili, vissuti da sopravvissuti, sono ampiamente descritti, dalla voce flebile de ’O ’Mpasturato che con grande trasporto si insinuano sottopelle per arrivare dritti al cuore.
“Sentivo chiamare i nomi, e per le strade i nomi chiamati correvano lungo gli stipiti dei portoni e grattavano l’intonaco sui muri. Che poi saremmo diventati tutti sculture d’argilla, incastonati come fossili nel nero, nel per sempre nero del mondo. ”
Era il 5 maggio millenovecentonovantotto.
Una storia preziosa potenziata da un linguaggio che resta vivido nella mente, amaro e crudele – se vogliamo – per enfatizzare il climax, l’atmosfera è resa palpabile e reale, in cui la natura annientatrice cova in seno il verme della distruzione, la natura matrigna di memoria leopardiana…perché di tanto inganni i figli tuoi?»
Magia, credenze, maledizioni , sacrifici, carne e sangue, si intrecciano in opera dal profondo significato esistenziale.
Francesco Iannone esordisce con romanzo di eccezionale rarità.
Francesco Iannone è nato a Salerno il 22 luglio 1985, dove vive. I suoi testi sono apparsi su numerose riviste: La clessidra, Semicerchio, Clandestino.