Titolo: Anna Édes
Autore: Dezső Kosztolányi
Editore: Anfora Edizioni
pp. 272
Traduzione di Andrea Rényi e di Mónika Szilágyi
A cura di Mónika Szilágyi
Postfazione di Antonella Cilento
Recensione di LV
Anna Édes è uno di quei libri di straordinaria bellezza e semplicità che parlarne diviene molto difficile senza rischiare di rivelarne l’avvenimento su cui è costruita tutta la vicenda.
“Acqua cheta rovina i ponti” recita un famoso detto, dove per acqua cheta si intende quell’acqua che scorre apparentemente innocua, ma che nel suo progressivo e inesorabile scorrere tutto travolge e corrode.

Anna Édes è proprio così, prende le cose alla lontana per poi travolgere impetuosamente il lettore e questo grazie alla prosa limpida e essenziale di Deszö Kosztolányi.
Ma chi è Anna Édes? Una serva. Una “figlia del popolo” a servizio di una borghese famiglia dell’Ungheria post repubblica sovietica. La vicenda, infatti, parte proprio dal giorno in cui Bela Kun, colui che aveva per primo dato vita a una Repubblica sovietica ungherese, prende il volo su un aereo per andare in esilio e ciò sancisce il definitivo tramonto di quel “regime bolscevico” che si era insidiato, sebbene per pochi mesi, in Ungheria dal 21 marzo al 1 agosto del 1919. Pochi mesi, ma fatali per far nascere conflitti di classe, tra borghesia e proletariato, che si alimentano con l’odio da entrambe le parti in causa. Se con Bela Kun il popolo aveva potuto alzare la testa costringendo i borghesi a subire una vita caratterizzata da ristrettezze economiche cui non erano abituati, ora con la sua caduta questi ultimi riprendevano in mano la situazione politica ed economica del paese ricacciando i proletari a essere quei “servi” che sempre erano stati. Può bastare questo per spiegare il gesto estremo che compirà Anna Édes?
Possono le turbolente vicende storiche avvelenare l’animo umano fino a fargli commettere un gesto inspiegabile e irreparabile? Possibile se a questo si aggiunge che Anna subisce violenza sessuale dal giovane Jancsi, nipote dei signori Vizy presso i quali Anna presta servizio in maniera impeccabile, ma umanamente non ricambiata, tanto che i suoi padroni sono invidiati da tutti per questa fortuna.
“Non era l’oca di paese che inizialmente credeva che fosse. I tre anni trascorsi a Budapest l’avevano ripulita delle abitudini rozze. Si muoveva silenziosamente, si soffiava il naso silenziosamente, non aveva la parlata dialettale, confondeva solo la pronuncia delle ü e delle ö secondo l’usanza transdanubiana e a volte -peccato veniale- la chiamava “signora” anziché “illustrissima”.
Qualcosa di strano c’era, però: non mangiava…”
Pagina dopo pagina Kosztolányi mette in evidenza la contrapposizione sociale tra padroni e servi forse per preparare il lettore a capire cosa ha potuto turbare fin nell’inconscio più profondo l’animo di Anna. Infatti sta al lettore darsi o trovarsi una spiegazione perché, sebbene il libro sia disseminato da innumerevoli indizi, l’autore si astiene dal dare una spiegazione e lasciando il lettore nel dubbio. Su una cosa Kosztolányi non lascia alcun dubbio: sul mistero dell’animo umano e su come il male insito in ogni essere può venire fuori con tutta la sua forza e violenza dirompente.
Un piccolo grande capolavoro!
Dezső Kosztolányi (Szabadka 1885 – Budapest 1936) è un maestro della letteratura del primo novecento ungherese, già conosciuto e stimato in Italia grazie a Sellerio, Edizioni e/o, Rubettino, Castelvecchi e Mimesis.
L’ha ripubblicato su l'eta' della innocenza.
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