Guasti di Giorgia Tribuiani
Voland Edizioni, 2018
Recensione di Loredana Cilento
“Come dice il vigilante, ho riflesso la tua luce, ma ho perduto la mia.”
Giada è la protagonista di un eccezionale esordio, quello della scrittrice Giorgia Tribuiani, che con Guasti, Voland Edizioni nel 2018, ci narra una storia davvero particolare e unica.
Elaborare il lutto di una persona amata, prendere coscienza della sua perdita, è difficile per tutti, per Giada lo è ancora di più. Giada si reca tutti i giorni in un “museo degli orrori”, dove la morte viene catturata per sempre, custodita in una memoria plastinata, dove il corpo, spogliato della dignità, prende forma a uso e consumo di sguardi sconosciuti.
Il compagno – anche se tutti lo definiscono marito – di Giada, un celebre fotografo sceglie come ultime volontà di essere trasformato in un’opera d’arte dal famoso anatomopatologo Dott.Tulp.
Un giorno dopo l’altro, tra presente e passato, tra realtà e sogno, un lungo ed estenuante monologo con se stessa, ripescando dalla memoria momenti, attimi di vissuto intrappolato ora in una forma plastinata, esposta tra due polmoni.
In Guasti si sente vivo il torpore, la sofferenza, l’ansia, che viene domata solo con le pillole che si trovano in fondo alla sua borsetta, tra il portafogli e le TicTac. Al momento giusto quando cresce il dolore, Giada striscia nel bagno delle signore, un bagno guasto che per giorni resta anonimo, con la sola scritta guasto.
Esiste una via di fuga da quella pigra indolenza? “Il vigilante del piano di sotto” gliene offre una; attento e premuroso con un cornetto al cioccolato e poi uno alla marmellata (che segna una rottura nella routine) cerca di scuotere Giada, di farla reagire, ma a farla ricadere nel baratro è una notizia sconvolgente: il suo uomo plastinato è stato acquistato per una collezione privata.
Quanto si può discendere nel buio dell’anima, quanto possiamo essere fragili difronte alla morte?
Guasti è una piccola opera intrisa di riflessioni, metafore simbolicamente tratteggiate che rimandano di conseguenza, al rapporto con la morte, ma anche e soprattutto alla vita.
Trenta capitoli a ritroso scandiscono un conto alla rovescia che segnerà il cambiamento, la rottura, intima e corale, una sola azione, la sua, quella di Giada.
Il rapporto di coppia, l’elaborazione del lutto, e la presa di coscienza del proprio io, la consapevolezza che ognuno di noi è unico, sono l’essenza di un romanzo che spiazza emotivamente, una parola “guasto” per illuminare una mente offuscata dall’amore, e così lo sguardo da prima perso su quel corpo immobile, senza pelle, nudo, freddo, poi diviene vigile e consapevole: rabbia, dolore, inadeguatezza per poi finalmente finire in una dolcissima liberazione.
“Io non credo che l’uomo sia un’opera d’arte, e vuole sapere perché? Perché l’arte è un prodotto dell’uomo, il segno tangibile della sua fragilità. Arte è solitudine, il tentativo di fermare qualcosa di vero e la speranza che qualcuno si fermi a guardarlo. Arte è prendere il proprio dolore, la propria disperazione e prova a convertirli in bellezza…”
Giorgia Tribuiani ha scritto un libro particolare, diverso, unico e non esagero dicendo che per me è stata una scoperta davvero straordinaria e che consiglio assolutamente di leggere e perché no, anche di rileggerlo per cogliere quelle sfumature rese impalpabile grazie a un realismo magico e suggestivo.
Giorgia Tribuiani. Nata a San Benedetto del Tronto nel 1985, attualmente vive a Bologna e lavora nel campo della comunicazione. Laureata in Editoria e giornalismo presso la facoltà di Lettere e filosofia, per cinque anni è stata responsabile della sezione letteratura per la rivista di arte e cultura “Re-volver” Guasti è il suo romanzo di esordio