“Faccio il regista, ma faccio il regista in un’epoca in cui fare il regista è altrettanto lucrativo che sistemare scatolame sugli scaffali di un supermercato. “Quando sei giovane, pensi di spaccare il mondo. E questo va bene, è così che dovrebbe essere” diceva sempre Herbie. “Ma non puoi spaccare il mondo, non puoi governarlo. E se anche lo governassi, anche se tu riuscissi a governare il mondo, poi cosa fai?”
È da pochissimi giorni in libreria il nuovo libro di Tibor Fischer, dopo l’acclamato successo di pubblico de La Gang del pensiero, Come governare il mondo nella brillante traduzione di Marco Rossari, edito da Marcos y Marcos.
Baxter Stone è quello che oggi potremmo definire un super sfigato, attira a sé ogni genere di calamità, è un documentarista alle prese con un insuccesso dietro l’altro, ma stranamente, nonostante tutto, riesce a districarsi dalle situazioni più estreme e assurde.
Se decide di andare a cena in un posto nuovo ecco che proprio quel giorno è chiuso; si getta anima e corpo in un progetto dove investe tutto se stesso e anche il portafoglio, ecco che però un incendio gli porta via tutto.
Cosa gli è capitato di bello nella sua vita? Beh Ellen sua moglie, che nonostante tutto è lì con lui, anche quando in una città di dieci milioni di abitanti lo becca in un anonimo pub a pranzo con una spogliarellista ventenne, non una piega, un ghigno, nulla, Ellen lo esorta a comprare l’anticalcare.
Persino la sua kebabbara di fiducia si rifiuta di fargli il panino, finché non impara a essere felice.
La Storia è un disastro dopo l’altro, ma quella che sembra un’ondata inarrestabile di malvagità è sempre bilanciata da un’ondata inarrestabile di bontà. Costruire. Distruggere. Costruire. Distruggere. Costruire.
Tibor Fischer con il suo urban humor ci lascia riflettere su molti aspetti della vita, le escalation di peripezie che si abbattono su Bax lo aiutano di volta in volta a risalire la china, un cinismo quasi noir che lo spinge a rivalutare la sua vita, a riprendersi persino da un rapimento in Siria al limite del rocambolesco.
Una ironia spregiudicata che allegramente affronta le varie dinamiche contestualizzandole nelle situazioni e nei personaggi che via via si alternano in un libro caratterizzato da pungenti elementi parodistici.
Tibor Fischer. A Budapest torna di frequente, ci ha vissuto anche per due anni, e dalle sue letture di quel periodo ha tratto spunto per scardinare il romanzo tradizionale con La Gang del pensiero. Con il suo primo romanzo, Sotto il culo della rana, ha vinto premi prestigiosi, è stato inserito da Granta tra gli scrittori inglesi più promettenti e ha conquistato il pubblico di tutto il mondo. La Gang del pensiero è frutto di anni di lavoro e di studio, e Fischer da grande scrittore ha distillato profondità e sostanza in un testo scanzonato dall’umorismo prorompente.
Recensione di Loredana Cilento
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