
Titolo:Solitudini urbane
Autrice:Maria Evelina Buffa Nazzari
Editore: Porto Seguro
Recensione di Loredana Cilento
“Ampie falcate, passetti nervosi, frettolosi, incerti o decisi. Gambe slanciate, più scure o più chiare, gambe gonfie, vene sporgenti, gambe anziane e pesanti oppure ancora all’erta, curiose della vita. Gambe che passano veloci, che stazionano per pochi secondi, che si accendono una sigaretta. Gambe che si fermano per telefonare non sospettando una spia dietro al vetro.”
Solitudini urbane è la nuova opera letteraria dell’attrice e scrittrice Maria Evelina Buffa Nazzari, edito da Porto Seguro, è una raccolta di 19 racconti animati dai protagonisti che vivono in una palazzina, gente comune schiacciata dal peso di un’esistenza di dolore e solitudine. Sono pagine difficili, sfumate da una struggente melanconia, sono pagine che narrano la vita e la morte, uomini e donne che cercano una via di fuga, un raggio di luce che illumini un vuoto esistenziale che preme e stordisce l’anima.
Sopravvivere alla solitudine interiore è difficile, è snervante, sopravvivere alla quotidianità, chiusi in una angosciante scatola che impedisce il volo, sono storie che raccontano di ognuno di loro legati come un fil rouge da un buco sul pavimento – come metafora di vita – causato dal mal funzionamento di un riscaldamento e che inesorabile ingoia tutto ciò cui si affaccia.
In Solitudini urbane gravitano moltitudini di sensazioni in cui ogni lettore può ritrovarsi, non sempre la solitudine è indice di malinconia o tristezza, a volte serve un momento nella vita in cui abbiamo bisogno di essere soli, soli con noi stessi.
Ogni tranches, seppur personale è un pezzo di un mosaico che prende forma lentamente, grazie a una narrazione coinvolgente, l’autrice dà ampio respiro ai sussurri, ai silenzi, alle emozioni di Rosa incastrata tra due fratelli e che vede la luce per un attimo, quando la più dura tra i tre ha un malore, allora Rosa assapora per un attimo la libertà:
“Figlia unica dovevo essere, chissà la mia vita come sarebbe stata diversa. Il mondo, avrei conquistato, se non fossi stata semplicemente il ripieno di un sandwich, incastrata fra due soffocanti molliche di pane. Si parla poco qui da noi, la voce non è allenata e quando la parola esce il suono gracchia un po” Estate
In Lui, Lei, L’altro, un triangolo amoroso, un contrapposto tra tradimento e rivalsa, A Lui piaceva vestita, L’altro la voleva nuda. Una vendetta, quella di lei per restituire a lui quella sensazione di impotenza, di fragilità, di restituire il male subito, pan per focaccia, si dice.
Nelle desolanti vite fragili e inquiete dei personaggi, a volte grotteschi, a volte così reali che ne percepiamo l’amara solitudine.
Il primo dei 19 racconti è sicuramente il più intimo, la morte suicida del giovane protagonista, un racconto catartico in cui la scrittrice ha sentito il bisogno di narrare quel momento, il più doloroso per lei perché coinvolta personalmente, Evelina ha vestito i panni del suo ragazzo fino al momento ineluttabile, per zittire finalmente quel dolore sordo, quel dolore che nessuno capisce.
Maria Evelina Buffa Nazzari ha dipinto un microcosmo di bellissime emozioni.

Dopo aver frequentato lo Studio Fersen, debutta nel ruolo di Rossana nel Cyrano de Bergerac per la regia di Maurizio Scaparro, più volte ripreso con grande successo, tra l’altro a Parigi (Palais de Chaillot) nel 1981.
Da allora, ha lavorato nel cinema, in televisione e soprattutto in numerosi teatri italiani.
Tra le sue più interessanti interpretazioni teatrali, si rammenta la prima rappresentazione in Italia, nella stagione 1994-95, de La deposizione, della canadese Hélène Pedneault: un dramma psicologico a due personaggi, presentato ad Avignon nell’ambito del festival 1994.
Grazie a te, è stato un piacere parlarne, spero ti piaccia fammi sapere che ne pensi grazie ancora 😍
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Articolo interessante, mi hai acceso di curiosità verso questo romanzo che finisce dritto in wish list! Quindi grazie 😎
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