
Titolo: Una burla riuscita Le favole
Autore: Italo Svevo
Editore: Spartaco
Collana: Elitropia, 136 pagg.
Recensione di Loredana Cilento
Mario Samigli era un letterato quasi sessantenne. Un romanzo ch’egli aveva pubblicato quarant’anni prima, si sarebbe potuto considerare morto se a questo mondo sapessero morire anche le cose che non furono mai vive. Scolorito e un po’ indebolito, Mario, invece, continuò a vivere per tanti anni di certa vita lemme lemme com’era consentita da un impieguccio che gli dava non molti fastidi e un piccolissimo reddito. Una tale vita è igienica e si fa ancora più sana se, come avveniva da Mario, è condita da qualche bel sogno. Alla sua età egli continuava a considerarsi destinato alla gloria, non per quello che aveva fatto né per quello che sperava di poter fare, ma così, perché un’inerzia grande, quella stessa che gl’impediva ogni ribellione alla sua sorte, lo tratteneva dal faticoso lavoro di distruggere la convinzione che s’era formata nell’animo suo tanti anni prima. Ma così finiva coll’essere dimostrato che anche la potenza del destino ha un limite. La vita aveva rotto a Mario qualche osso, ma gli aveva lasciati intatti gli organi più importanti, la stima di se stesso, e anche un po’ quella degli altri, dai quali certo la gloria dipende. Egli attraversava la sua triste vita accompagnato sempre da un sentimento di soddisfazione.
Secondo titolo della neonata collana Elitropia della lungimirante casa editrice Spartaco, è la riscoperta della novella Una burla riuscita Le favole di Italo Svevo del 1926, con l’attenta analisi di Matteo Palumbo, professore onorario di Letteratura italiana presso l’Università di Napoli Federico Secondo e tra i massimi studiosi delle opere di Svevo.
Protagonista della breve opera è Mario Simigli – non a caso pseudonimo utilizzato dallo stesso Svevo per firmare i suoi articoli sull’Indipendente – sessantenne, modesto impiegato e ambizioso scrittore di favole con protagonisti animali perlopiù uccelli, i passeri erano divenuti i protagonisti per eccellenza dei suoi scritti, ne analizzava le evoluzioni, le abitudini, i comportamenti quotidiani, Mario si faceva accompagnare dalle sue favole nella vita di tutti i giorni. L’anziano fratello, malato, Giulio ascoltava i suoi racconti attento a non contrariare il suo genio, i due fratelli vivevano una semplice regolarità. Mario aveva due amici, di cui uno era il commesso viaggiatore Enrico Gaia, un amico per modo di dire perché il Gaia era un rinomato burlone e proprio Mario sarà l’oggetto della sua burla più grande. Gaia si presta come intermediario di un importante editore tedesco, che si dice disposto a pubblicarne l’opera, compiaciuto Mario di questo inaspettato successo pensa già a un futuro illuminato, ignaro della burla malvagia costruita dal Gaia, nutrita da un insano odio nei confronti di Mario.
Quando il suo libro fosse stato pubblicato in tedesco, la meraviglia in città e in in tutta la nazione sarebbe stata maggiore se inaspettata.
L’opera di Svevo, come tutta la sua produzione letteraria, è costruita sulle dinamiche psicologiche dei protagonisti, le tematiche sono dunque tipicamente sveviane: le delusioni sociali, la vecchiaia, la malattia, ma anche la bramosia e disillusione di una vita di inettitudine trovando dunque conforto attraverso la favola; Mario trova la sua dimensione, seppur onirica, nella vita degli animali e soprattutto dei passeri. Una breve opera cesellata perfettamente che racchiude il grande universo sveviano.
Matteo Palumbo è tra i massimi studiosi dell’opera di Italo Svevo, alla quale ha dedicato fra l’altro il volume La coscienza di Svevo (1976). Professore onorario di Letteratura italiana presso l’Università di Napoli Federico ii e collaboratore del “Manifesto” e della “Repubblica”. Tra le sue ultime pubblicazioni, «La varietà delle circunstanze». Esperimenti di lettura dal Medioevo al Novecento (2016), “Ei fu”. Vita letteraria di Napoleone da Foscolo a Gadda (2021).
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