…non ho mai saputo di preciso, in tutti i miei giorni, come è fatta la poesia, dentro voglio dire. Che la gente si crede che non si vuole niente a scrivere le poesie, che poi non sanno manco cosa sono le rime, che uno mette vicino due parole, cuore e dolore, e allora si crede che ha scritto una poesia! Per fare una poesia ci vogliono un mare di cose, una certa sapienza della vita e un tanticchio pure della morte, e se poi ti ritrovi a svalvolare il cervello pure buono è. Per cominciare giusto ci vuole un grande silenzio come i bambini che dormono e sognano le favole… Ci vuole un foglio bianco perché nel bianco ci entrano na mucchianna di parole, e chi vuole fare una poesia nel foglio bianco ci deve proprio abitare dentro…
Chi parla è Bonaluce Artemisio uno dei tanti personaggi che incontriamo leggendo il bellissimo libro di Remo Rapino, già vincitore del premio Campiello con il precedente “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”.
Elemento trainante e collante del libro è Mengo che insieme a tutti gli altri personaggi farà rivivere la stessa atmosfera che si respira nelle poesie di Edgar Lee Masters e della famosissima “Collina” che fa da sfondo a quel capolavoro che è la “Antologia di Spoon River”.
Scarciafratta come Spoon River? Direi proprio di sì, e tra l’altro Remo Rapino, in più di una intervista, non ha mai nascosto la sua grande ammirazione per Lee Masters e la sua Poesia.
L’estratto l’ho scelto proprio per questo, perché con le “Cronache…” l’autore rende omaggio alla poesia e Lee Masters in particolare.
È un libro divertente questo di Rapino, ma nello stesso tempo è triste, malinconico e doloroso. Un terremoto ha sconvolto l’esistenza dei luoghi tristi e desolati che descrive e delle persone che lì hanno trascinato la loro vita. E leggendolo si ha come l’impressione che il fantasma di Bonfiglio Liborio aleggi nelle pagine del libro, in quei luoghi e in ognuno dei personaggi che conosceremo e ameremo.
Mi è piaciuto molto, anche più di Bonfiglio Liborio
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