
Titolo: Il decimo girone dell’Inferno (The Tenth Circle of Helle)
Autore: Rezak Hukanović
Editore: Spartaco, novembre 2022
Pagg:155
Prefazione di Elie Wiesel
Postfazione di Paolo Rumiz
Traduzione di Sara Ferraro
Revisione di Azra Nuhefendić
Djemo posò lo sguardo sulla Città Vecchia.
Lingue di fuoco si levavano alte sopra i tetti in fiamme. Densi vortici di fumo si raccoglievano in nuvoloni neri. La Città Vecchia, quell’isola nel fiume circondata dal Sana e dal Berek, sembrava un’enorme torcia. «Ecco come bruceranno tutte le vostre case», disse uno dei soldati.
Nel maggio 1992 una campagna di pulizia etnica da parte delle milizie serbo bosniache, fu avviata contro musulmani e croati, i cosiddetti bosniacchi di Prijedor, Bosnia ed Erzegovina, una delle città più colpite dall’orrore della guerra. A raccontare la deportazione dei non-serbi nei campi di reclusione è il poeta, giornalista e scrittore Rezak Hukanović, testimone, in quanto prigioniero, nel campo di Omarska, una testimonianza diretta narrata nel libro Il decimo girone dell’Inferno, edito da Spartaco Edizioni, tradotto da Sara Ferraro con la postfazione di Paolo Rumiz.
Una mattina sul municipio di Prijedor appare una bandiera serba, l’occupazione della città che fino ad allora era popolata dalle comunità musulmane e croate era iniziata, le autorità serbe inculcavano odio verso chiunque fosse non-serbo, gli amici, i vicini di casa divennero nemici, alla radio le bugie divennero consuetudine. Tra i cittadini che furono presi dalle milizie serbe c’era Djemo, la voce dell’autore in terza persona, una voce che narra le atrocità, la crudeltà, il piacere di uccidere, torturare, umiliare l’essere umano. Migliaia, tra uomini, donne, anziani, bambini, furono portati nei campi di concentramento, le vessazioni più atroci si ebbero nel campo di Omarska, furono prelevati dalle loro abitazioni e condotti all’Inferno.
Un Inferno in cui molti prigionieri furono massacrati a bastonate, orge di sangue, crani frantumati, braccia e gambe rotte, dopo ogni interrogatorio, i prigionieri versavano in condizioni disumane, costretti a subire vessazioni di ogni genere a volte solo per il piacere di umiliare, sporchi, affamati, infestati da pidocchi, come scrive l’autore: la sofferenza rese tutti uguali.
Paolo Rumiz ci invita a non distogliere lo sguardo, di continuare a leggere, per conoscere dove può arrivare il limite del sadismo umano, per non dire “non sapevo”. Il decimo girone dell’Inferno è un vero pugno nello stomaco, abbiamo letto tutto quello che si poteva sull’Olocausto, abbiamo conosciuto la malvagità, la crudeltà degli aguzzini nazisti, ma quello che è successo a Prijedor non può essere ignorato, nel cuore dell’Europa si è consumato un vero e proprio genocidio, da chi il giorno prima stringeva la mano, o beveva al bar seduti allo stesso tavolo.
Gli uomini erano doloranti per le ferite. Ma le ferite dell’anima erano anche più profonde e più gravi di quelle che avevano sul corpo. Negli occhi erano impressi smarrimento e desolazione.
Tra le immagini più crude, quelle della giovane Hajra e dell’anziano Sarajlić denudati e obbligati ad avere un rapporto, il rifiuto ha provocato la morte dell’anziano.
Da Omarska i detenuti furono ammassati nei pullman per essere trasferiti nel campo di Manjača, un viaggio di sei ore dove non furono risparmiate botte e manganellate, con l’intervento della Croce Rossa le condizioni dei prigionieri furono in un certo senso “umanizzate”, e il processo di rilascio con lo scambio di prigionieri portò alla liberazione e alla chiusura dei campi di detenzione.
Io sono solo uno dei tanti che porta questo pesantissimo fardello conficcato nelle profondità più remote del suo cuore, queste cicatrici orrende, con la speranza che, col tempo, verranno strappate via e svaniranno.
È imperativo leggere questo racconto di morte, di umiliazioni di sadismo puro e ancestrale Elie Wiesel lo spiega ampiamente nella sua accorata prefazione, e che si sarebbe potuta evitare, ma il passato spesso non è maestro di vita, e la storia si ripete, a distanza da quelle atrocità, una altra guerra per l’egemonia etnica del nazionalismo russo per deucranizzare Kiev, la sua macchina di propaganda contro derussificazione, sono davanti ai nostri occhi, e la guerra non fa sconti, oggi come allora.
“Nessuno, nemmeno Dio, può perdonarli per questo.“
Rezak Hukanović è nato in Bosnia-Erzegovina. Fino al 1992 è stato giornalista, speaker radiofonico e poeta nella città di Prijedor. Subito dopo il suo rilascio avvenuto a seguito di uno scambio di prigionieri, si è stabilito temporaneamente in Norvegia, dove si è riunito con sua moglie e i suoi due figli, anch’essi scappati dalla Bosnia. Quando è stato pubblicato per la prima volta in Europa, Il decimo girone dell’inferno ha ispirato documentari televisivi in Norvegia, Svezia e Germania. Con gli Accordi di pace di Dayton in vigore, Hukanović si divide tra la Germania e la Bosnia.
Eliezer Wiesel, detto Elie (Sighetu Marmației, 30 settembre 1928 – New York, 2 luglio 2016), è stato uno scrittore, giornalista, saggista, filosofo, attivista per i diritti umani e professore rumeno naturalizzato statunitense, di origine ebraica e poliglotta, originario della parte rumena del Maramaros, superstite dell’Olocausto. È stato autore di 57 libri, tra i quali La notte, resoconto autobiografico in cui racconta la sua personale esperienza di prigioniero e superstite nei campi di concentramento di Auschwitz, Buna e Buchenwald. Nel 1986 è stato insignito del Nobel per la pace.
Paolo Rumiz (Trieste, 20 dicembre 1947) è giornalista, scrittore e viaggiatore italiano. Vincitore di diversi riconoscimenti tra cui il Premio Hemingway, Premio Chatwin-camminando per il mondo, Premio ANA Giornalisti dell’anno, Premio Procida-Isola di Arturo – Elsa Morante Sezione mare, è tra i massimi esperti degli eventi dell’aria balcanica e danubiana.
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