Mentre scendiamo papà e lo zio parlano di Tito e della malattia. So chi è Tito ma la sua malattia non mi interessa. Preferisco le storie eroiche sulle battaglie partigiane contro i tedeschi e sui viaggi di Tito con la nave Galeb in posti lontani. «Pensi che verrà davvero la guerra, quando il vecchio non ci sarà più?» è l’ultima cosa che sento dire dallo zio. Mi tira per il braccio. Martin fa le smorfie come se stesse male e fosse lì lì per vomitare. È ridicolo, mi fa ridere.Mamma e papà chiacchierano. Parlano di un certo Robert Redford e dell’Oscar. Per fortuna. Se la zia vedesse Martin lo sgriderebbe di nuovo e sarebbe la fine del divertimento, così invece finisce quando l’ascensore improvvisamente raggiunge il piano terra.

Titolo: Il giorno in cui finì l’estate
Autore: Sebastijan Pregelj
Editore: Bottega Errante Edizioni
Pagg:308
Traduzione: Michele Obit
Postfazione: Aljoša Harmalov
Recensione di Loredana Cilento
Ultimo titolo del 2022 di Bottega Errante Edizioni è il romanzo di formazione dello scrittore sloveno Sebastijan Pregelj, Il giorno in cui finì l’estate vincitore del premio Cankar , tradotto brillantemente da Michele Obit con la postfazione di Aljoša Harmalov.
Pregelj ci porta in Slovenia tra gli anni 80 e 90, negli anni che precedono la sua indipendenza, nella quotidianità di Jan, nella sua giovane famiglia, tra svariati parenti, cugini, nonni e amici di famiglia ma sono anche gli anni che precedono la divisione dell Jugoslavia, all’alba della morte di Tito, quella figura che sembra osservare continuamente il giovane Jan e l’amico Rok, da un ritratto appeso in classe. L’infanzia di Jan è scandita dalle attese, dai compleanni, dai suoi giochi, dai suoi supereroi, Superman, Sandokan, nelle stanze dei giochi con Elvis e Ali.
A casa corro nella mia stanza. Prendo in mano Superman e gli dico che ho una notizia. «Ho conosciuto Sandokan!».
Poi gli dico che da adesso in poi io e lui saremo amici anche del fratello di Elvis, Ali. Se Superman potesse parlare, mi direbbe che per via di queste frequentazioni tra non molto mi prenderò delle bastonate. Mi direbbe che l’amicizia non è eterna, anche se in questo momento una cosa del genere mi pare impossibile. Mi direbbe che molte cose cambieranno. Soprattutto, nel tempo che verrà, cambieremo io e Ali. Mi direbbe che verrà il momento in cui ci allontaneremo come due estranei, finché alla fine non ci conosceremo più. Quando poi Ali mi tornerà comunque in mente, verrò pervaso dalla rabbia e dalla tristezza, allo stesso tempo e con la stessa forza. Molti anni dopo, quando ripenserò a cosa è accaduto, verrò preso da una certa malinconia. Avrò il desiderio di tornare bambino seduti tutti e due nella stanza di Elvis.
Nella semplicità di una infanzia che si affaccia con inconsapevole leggerezza alla vita degli adulti, tra bisbigli e verità sospese, tra il bene e il male, in un Paese che si avvia alla dissoluzione, dell’ imbarbarimento umano, decadimento che porterà all’orrore della guerra, all’odio, al nazionalismo, tutti contro tutti fino ad arrivare al dramma, all’orrore come una tazza di porcellana ai bordi di un tavolo, può cadere e finire in mille pezzi.
Papà resta per lo più in silenzio, alla fine dice che siamo dei superficiali. «Per noi è tutto uguale: croato, serbo, musulmano, montenegrino, macedone, albanese, turco. Di tutti diciamo che sono bosniaci e nemmeno sappiamo in cosa sono diversi».
Jan si ritrova adolescente, verso la maturità tra l’Indipendenza e la rottura della Jugoslavia ma il cambiamento si era avvertito già negli anni dell’infanzia quando il Calabrone e suoi scagnozzi bullizzavano il gruppetto di amici: Jan, Peter Elvis, perché – questi ultimi due- culturalmente diversi, la matrice razzista è ovvia ma non scontata per il giovane Jan.
Un romanzo potente che ci illumina oltremodo sulla visione profetica di ciò che accadrà con la morte di Tito, sul cambiamento, la radicalizzazione e il nazionalismo estremista che porterà a una guerra fratricida, dove il mondo è rimasto a guardare.
La guerra in Bosnia non importa più a nessuno. Ne parlano solo quelli che hanno là qualche parente. Non so cosa dovrebbe accadere, perché il mondo si muova e fermi questo massacro.
SEBASTIJAN PREGELJ Nato nel 1970 a Lubiana, è laureato in Storia. Dal 1991 pubblica racconti su riviste letterarie. Nel 1996 esce la sua prima raccolta e nel 2004 il primo romanzo, Leta milosti (Anni di grazia), finalista al Premio Kresnik, assegnato al romanzo dell’anno dal quotidiano “Delo”. Negli anni vedrà arrivare in finale altre quattro sue opere. Apprezzato anche in traduzione inglese, tedesca e macedone, vive e lavora a Lubiana ed è membro dell’Associazione degli Scrittori Sloveni. Con Il giorno in cui finì l’estate ha vinto il premio Cankar.
MICHELE OBIT Giornalista, poeta, traduttore e organizzatore di eventi letterari. La sua ultima raccolta di poesie si intitola La balena e le foglie (Qudu edizioni). Dal 1998 si occupa di traduzione letteraria dallo sloveno in italiano. Per Bottega Errante ha tradotto autori come Miha Mazzini, Aleš Šteger, Bronja Žakelj e Dino Bauk
Rispondi